MARKETING E VENDITE: AVENA, AUTO, EMINEM E UN PO’ DI SUV
Una delle domande che ricevo più frequentemente riguarda il rapporto tra marketing e vendite.
Ma se le vendite vendono, il marketing màrketa?
In altre parole: che cosa fa il marketing se è vero che, come dico sempre, “non vende nulla”?
Pur non sapendo molto di calcio, direi piuttosto nulla, mi piace definire il marketing come il mediano. Non fa goal, non finalizza la vendita, ma passa delle gran palle! Il mediano non è sempre il protagonista del gioco, e forse non riceve il massimo delle lodi, ma abilita al successo ed esulta a centro campo.
Qui sotto condivido degli aspetti della disciplina che ai miei colleghi suoneranno banali ma forse agli studenti, o a chi sta cercando di capire se fare marketing possa essere un’opportunità, daranno “luce” – intesa come chiarezza.
Indago il rapporto tra marketing e vendite con l’obiettivo di condividere quanto questa disciplina abbia la capacità di determinare performance di vendita pur non occupandosene direttamente. Lo faccio parlando di Eminem, avena e automobili.

Come il marketing aiuta a vendere prodotti e servizi
Il principale ruolo del marketing è quello di creare una connessione tra l’azienda e i suoi clienti.
La presunzione che qualsiasi prodotto possa essere venduto è cosa passata.
Lo si legge in ogni libro e in ogni articolo: il marketing è fatto di quattro “P” anche se a me piace siano cinque perché “people”, le persone, è sempre un elemento fondamentale.
Parlare di marketing applicato alle vendite significa capire quale sia il prodotto da sviluppare o cambiarlo, migliorarlo, eliminarlo. Significa indagare sul posizionamento di prezzo tenendo in considerazione il mercato e la capacità di spesa del target. Significa ragionare su come distribuire quel prodotto, in altre parole su come renderlo disponibile. E poi significa comunicare, raccontare, dialogare e soprattutto rispondere. Il marketing è un’attività fatta dalle persone, per altre persone.
Conoscenza del mercato e del cliente: conosco ergo vendo
Comprendere le esigenze, i desideri e i comportamenti dei consumatori permette alle aziende di sviluppare prodotti e servizi che rispondano esattamente a ciò che il mercato richiede. La conoscenza consente di personalizzare l’offerta secondo l’intero schema delle “P”.
Un esempio che mi piace citare è quello del Minivan Chrysler (che tutti abbiamo visto almeno una volta). In America, negli anni 80’, già si guidavano i grandi SUV ma gli americani avevano un’esigenza precisa: auto maneggevoli e facili da guidare. Rimaneva placido il bisogno di conservare il voluminoso spazio di carico senza toglierne ai passeggeri. Oltre a questo, erano fondamentali, per il segmento di mercato che Chrysler voleva servire, la facilità di accesso all’auto e l’efficienza nei consumi. Gli americani volevano quindi un’auto facile da guidare… con la capacità di un furgone!
Dodge Caravan e Plymouth Voyager furono, quarant’anni orsono, un successo immediato, capace di rivoluzionare il mercato automobilistico. Il concetto di minivan è oggi estremamente popolare tra le famiglie perché quell’ “esperienza di prodotto” definì una nuova categoria di veicoli. Una tipologia di automobile nata dall’analisi dei bisogni.
Un brand forte come parte della strategia di vendita
Un altro aspetto fondamentale è legato alla costruzione e conservazione del brand.
Il brand non è solo un logo o un nome, non dobbiamo vederlo “semplicemente” come un’entità fisica ma piuttosto come un “contenuto virtuale” capace di essere riconosciuto. Un brand forte abbassa il rischio percepito dal consumatore: questo si concretizza nella vendita.
Quando un’azienda investe in branding crea un’immagine positiva nella mente dei consumatori, svolge quindi un’attività di posizionamento basata, in prima istanza, sulla riconoscibilità.
Così si abbassano le resistenze dei consumatori o potenziali acquirenti. Un cliente che riconosce e si fida di un marchio è più propenso ad acquistare, aggiungerei “a prezzo pieno”.
Parlando di brand e posizionamento mi piace citare Oatly, azienda (e brand) svedese, nata negli anni 90. Oatly vende latte d’avena, e lo vende bene, con un un posizionamento di mercato distintivo che regge sui principi base del branding. Il tono di voce è audace, irriverente e cool. Si tratta di un brand onesto, che dialoga con chi lo sceglie secondo i canoni della trasparenza. Rispondendo alla crescente richiesta di prodotti sostenibili il marchio si posiziona come alternativa al “classico latte” sottolineando l’impatto positivo dell’avena (se comparata ad altre colture).
Con il suo “It’s like milk but made for humans” l’azienda manda un messaggio forte, a tratti anticonvenzionale, che continua a sfidare l’azienda casearia.
Comunicazione e pubblicità: se mi conosci mi compri?
Il concetto è semplice: se non mi conosci non mi compri.
Mi devi conoscere, poi mi devi trovare interessante, poi devi compararmi ad N alternative e alla fine devo metterti nelle condizioni di comprarmi.
Attraverso la comunicazione e la promozione un brand può fare tutto questo e finalizzare il processo che lato consumatore si concretizzerà nell’acquisto e, ovviamente, lato azienda, nella vendita.
Torno per un attimo su Chrysler anche se oltre a non sapere molto di calcio so poco sulle auto. Uno degli spot più interessanti mai condivisi con il grande pubblico è andato in onda durante il Super Bowl del 2011.
In quell’anno Chrysler stava attraversando un periodo difficile. L’azienda era appena uscita dalla bancarotta del 2009 e cercava di ricostruire la sua immagine in un mercato che stava evolvendo rapidamente. Allo stesso tempo, la città di Detroit, sede storica dell’industria automobilistica, era in declino con difficoltà economiche importanti, alta disoccupazione e criminalità.
L’azienda puntava tutto su un modello di berlina di fascia media: Chrysler 200.
Così nasce la campagna “Imported from Detroit” che ridisegna il concetto di “importato”, tipicamente associato alle auto di lusso straniere. La voce di Eminem accende l’orgoglio per la qualità del lavoro americano e le vendite impennano, nello stesso momento in cui gli Stati Uniti sono seduti davanti alla TV mangiando bistecche e bevendo Coca Cola.
Porto questo esempio perché ha un significato caleidoscopico: l’azienda, l’auto, la città, l’America. Una pubblicità può raccontare una storia, cambiare le percezioni e riaccendere l’orgoglio nazionale. La campagna è stata non solo un successo commerciale, ma anche un momento culturale che ha contribuito a ridefinire l’identità del produttore di automobili.
Marketing e vendite: aspetti complementari del business
La realtà è che, contro ogni mio interesse e contrariamente all’ordine valoriale dei fattori che compongono il mio universo: possono esistere aziende senza marketing ma non esistono aziende senza vendite.
Il tema è un altro, al di là della necessita di avvicinamento alla disciplina: il marketing è un investimento a medio lungo termine capace di supportare le vendite salvando i margini.
L’equazione è quasi ancestrale: più investi, meno sconti, ma questa è un’altra puntata…